MALVASIA

 
                                                                                                                    Malvasia è un dramma dialogico ambientato in Italia
all’alba dello scoppio della seconda guerra mondiale, tra gli anni 1935 e 1940. Al centro degli avvenimenti c’è Malvasia, una giovane insegnante costretta a scontrarsi con l’attualità politica e con i propri sentimenti in seguito al tradimento ideologico e fisico del fidanzato che l’abbandona per realizzare la brillante carriera offertagli dalla nuova amante, una donna molto influente nel sempre più totalizzante ambiente fascista. L’esasperazione fa commettere a Malvasia, in un tragico istante di furore, l’irreversibile gesto di colpire e menomare la meretrice: l’insegnante è così costretta a fuggire clandestinamente in Svizzera e ritrovare, nella frugale pace della vita di montagna, una felicità dimenticata. La serenità ha però breve durata: scovata nel rifugio che la ospita, Malvasia sarà ricondotta in Italia e, in un farsesco processo d’accusa, subirà l’onta della vendetta.  


Il plot del dramma nasce dall’esigenza di rispondere ad una domanda molto specifica: come si può “non dimenticare” eventi di un passato che, seppur tristemente contemporaneo, è ormai ricordato vividamente soltanto dalla generazione che oggi tocca il secolo di vita o poco meno? Tirannia, dispotismo, autarchia sono oggigiorno termini che richiamano nel concreto culture lontane a quella italiana, oppure frammenti di Storia nazionale che si ripeterono con ciclicità per secoli, ma che da più di sessant’anni non hanno più oppresso il Belpaese. Eppure non vivere sulla propria pelle il tangibile realizzarsi di vocaboli nefasti non permette di dimenticarsi della loro esistenza, celarli nel fondo di un inconscio collettivo, poiché parole oggi più attinenti alla nostra realtà quali democrazia, pluralismo, libertà nacquero con sofferenza da quelle parole affliggenti. Il concetto di banalità del male articolato da Hanna Arendt, cioè che azioni disumane non vengono commesse per un’indole maligna ben radicata nell’anima umana quanto piuttosto per l’inconsapevolezza di cosa significhino tali azioni se studiate in uno specifico periodo storico e sociale, è al contempo sia una piccola e benevola giustificazione all’efferatezza umana, sia un monito a ciò che l’Uomo può commettere. E in quanto appartenente al genere umano non si può escludere a priori la nostra sottomissione a tale banalità, se il periodo storico e sociale non ci sorridesse. Sostituire “per non dimenticare” con “per ricordare” è il fulcro del dramma Malvasia: ricordare chi siamo noi Uomini, quali mali siamo in grado di commettere, quanti soprusi può generare il potere.


La giovane insegnante Malvasia è una donna comune che vive indirettamente il radicarsi di un’ideologia, che pianifica la propria vita sulla base di semplici verità personali quali crearsi una famiglia, insegnare, vivere giorno per giorno i piccoli piaceri ed ostacoli che la quotidianità comporta, finché l’ideologia stessa, il fascismo mussoliniano, non cresce a dismisura entrando di forza a contaminare la vita di ogni italiano ed anche la sua. L’esistenza frugale e pura rappresentata da Malvasia e dal compagno di fuga Silvestro, inviso al fascismo per aver messo in discussione l’italianizzazione del nome Touring Club in Consociazione turistica, si scontra con l’imperialismo tronfio ed egotico del credo fascista, impersonato fino allo strenuo da Imelda Fillossera e dal fratello minore Leone, accaniti sostenitori del partito e dei vantaggi morali e personali che questo può dare. Centro del contendere è l’indeciso, Gregorio, colui che facilmente viene abbagliato dal lucro e dall’affermazione, e dimentica la sobrietà spontanea dei sentimenti: la vittima designata della banalità del male, il qualunquista indifferente e voltagabbana.










Note di Regia    

Il dramma è stato pensato per essere letto da sette attori ad un pubblico di ascoltatori che segue il dipanarsi della vicenda, una storia inventata che si appoggia a eventi reali e storicamente databili, voltati di schiena rispetto ai narratori; il supporto visivo di immagini e filmati dal significato simbolico proiettate a favore del pubblico permette una più profonda immedesimazione nella sensibilità dello scritto, poiché il dramma non è né biografico né cronistico, bensì uno schizzo di umanità che, certamente e senza falsi moralismi, si schiera contro ogni forma di oppressione, ma anche rappresenta tre tipologie di persone che certamente esistettero e tutt’ora esistono e sempre esisteranno: l’onesto, l’ipocrita e il despota. Per ricordare chi noi siamo, siamo stati e purtroppo potremmo ancore essere.   

Emiliano Bulgaria

 

Drammaturgia e Coordinamento registico di: Emiliano Bulgaria

Con: Luisa Vitali, Teresa Fava, Elena Nuvolone, Luca Sebastiano Scelfo, Samuele Scagliarini, Nicola Frabboni, Emiliano Bulgaria

Improvvisazioni sonore e rumoristica dal vivo a cura degli attori

Con il patrocinio del Museo della Resistenza di Bologna